di Sofia Cappello
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Il confine oggettivo non esiste.
Le leggi a difenderlo però sono intransigenti e prendono forma in ostacoli più che oggettivi. Per difendere infatti in modo ferreo qualcosa che non esiste è necessario adottare il linguaggio del potere autoritario, che a sua volta si nutre di paura e intolleranza diffondendosi poi attraverso l’assuefazione.
Occorre quindi ricordare che la dimensione fisica di tale confine è semplicemente natura: acqua, terra e aria; e questi tre elementi rimangono immutati oltre le divisioni.
Si mostra evidente il contrasto tra l’aspetto materico della terra e l’evanescenza del concetto politico di barriera che allora risulta ridicolo. La materia compromette le regole imposte e le ideologie, ogni storia di vita umana sopravvissuta all’ordinamento imposto mette in luce la mediocrità del tentativo di impedire ciò che è inevitabile.
Il confine politico quindi, in quanto forzatura di ciò che è fisico, impiega tutte le forze per mantenere il proprio ordine, tuttavia, macchiato di sangue, non vince di fronte alla naturale entropia del migrare umano.